Cosa è accaduto di recente sui mercati obbligazionari?

Data di pubblicazione
20 ottobre 2023

Un forte calo dei mercati obbligazionari: nelle ultime otto settimane, i rendimenti statunitensi decennali sono aumentati di 74 punti base, passando dal 4,1% al 4,9%. Questo movimento è stato alimentato principalmente dal segmento lungo della curva dei rendimenti (ovvero dalle scadenze a 10 e 30 anni, anziché da quelle a 2 anni, i cui rendimenti sono aumentati “soltanto” di 25 punti base), il che è in contrasto con il driver della correzione obbligazionaria prevalente negli ultimi tre anni fino ad oggi. L'Europa non è stata risparmiata, e i rendimenti decennali tedeschi sono aumentati dal 2,5% a oltre il 3%.

Anche i tassi reali ne hanno fortemente risentito, con i loro rendimenti che hanno raggiunto livelli senza precedenti dal 2008.

Questa correzione si è estesa ad altre asset class: l’indice S&P 500 è in calo del -7,5 % rispetto al livello massimo del mese di luglio, gli spread del credito hanno registrato un rimbalzo da 380 a oltre 465 (per l’indice Xover, i cui livelli sono tornati a essere quelli che hanno caratterizzato la fase di pressioni sul settore bancario la scorsa primavera).

Dopo un 2022 caratterizzato dalla peggiore sottoperformance degli ultimi 100 anni, il mercato obbligazionario sta tornando a registrare un trend al ribasso.

Il calo del prezzo dei titoli governativi negli ultimi due anni presenta analogie con quello dei mercati azionari nel 2008: -50% per i Buoni del Tesoro statunitense a oltre 20 anni, rispetto a -56% nel 2008 per l’indice S&P500.

Tuttavia, nel frattempo…

  • L'inflazione è passata dal 9% (a giugno 2022) al 3,7% (a settembre 2023).
  • La Fed ha aumentato il proprio tasso di interesse di riferimento per undici volte, raggiungendo il livello massimo degli ultimi 22 anni, e il suo ciclo di inasprimento dei tassi di interesse sta giungendo al termine.
  • Le prospettive di crescita negli Stati Uniti per il 2024 sono passate dal 2% all’1%, mentre le prospettive di crescita per il 2023 sono state invece riviste al rialzo.

Per quale motivo si è registrata una tale accelerazione nell’aumento dei tassi di interesse? Per una combinazione di tre ragioni.

  • I tassi di interesse a lungo termine sono indicativi di un inasprimento delle condizioni finanziarie, con la prospettiva di una politica monetaria “restrittiva per un periodo più prolungato”. Dall’inizio di settembre, sono stati i tassi di interesse reali, più delle aspettative di inflazione, a spingere al rialzo i tassi a lungo termine.
  • I tassi a lungo termine rispecchiano prospettive di crescita più elevate (o un rallentamento economico meno significativo), confermate dall’aumento dei prezzi del petrolio e dall’apprezzamento del dollaro.
  • I tassi a lungo termine integrano un “premio a termine” più elevato. Il premio a termine, il rendimento aggiuntivo richiesto dagli investitori a fronte del rischio di variazione dei tassi di interesse durante il periodo di detenzione dell’obbligazione, è stato particolarmente basso negli ultimi anni. L’equilibrio tra domanda e offerta di titoli governativi a lungo termine si è quindi deteriorato. Il deterioramento del saldo di bilancio statunitense innesca un aumento delle emissioni obbligazionarie. Allo stesso tempo, l’intervento delle Banche Centrali, acquirenti incuranti dei prezzi, viene meno man mano che la “normalizzazione monetaria” si consolida, e che l’aumento dei rendimenti obbligazionari a breve termine determina un minore interesse per le obbligazioni a lungo termine.

In prospettiva futura i tassi di interesse rappresentano un’opportunità!

  • Il rallentamento della crescita economica si sta intensificando: il recente rimbalzo dei prezzi delle materie prime non deve farci dimenticare il futuro impatto economico dell’attuale stretta monetaria, che generalmente impiega dai 12 ai 18 mesi per avere ripercussioni sull’economia reale… Gli ultimi dati economici pubblicati, in particolare in Europa, sono in peggioramento e i dati sull’inflazione sono inaspettatamente al ribasso.
  • La fine del ciclo di rialzi dei tassi si sta delineando: alcune Banche Centrali stanno già manifestando l’intenzione di prendersi una pausa a fronte della debolezza di alcuni indicatori dell’attività economica (come nel caso della Bank of England, durante la sua ultima riunione, e della BCE); a maggior ragione dato che l’aumento dei rendimenti obbligazionari nelle ultime settimane ha ulteriormente inasprito le condizioni finanziarie.
  • Infatti, le recenti tensioni sui tassi di interesse reali a lungo termine stanno esercitando ulteriori pressioni sulle condizioni finanziarie, aumentando quindi la probabilità di un forte rallentamento dell’attività economica.
  • I tassi reali sono aumentati a livelli che non appaiono sostenibili nel medio e lungo termine. Il livello elevato di indebitamento dei vari operatori economici (sovrani e privati) non depone a favore di un mantenimento duraturo di tassi di interesse elevati, soprattutto alla luce del loro futuro rifinanziamento.
  • Infine, gli aspetti tecnici stanno diventando più favorevoli: la volatilità e i volumi scambiati sui mercati sono già molto elevati, a conferma del fatto che i mercati prevedono già uno scenario molto pessimistico. In effetti, il forte rialzo dell’indice MOVE (misura della volatilità sui mercati obbligazionari) tende a indicare l’approssimarsi di una forma di resa.

Ma, poiché siamo selettivi e gestori attivi:

  • Sui vari tratti della curva: attualmente privilegiamo il segmento breve e quello intermedio della curva dei rendimenti, piuttosto che il segmento a lungo termine;
  • Tra tassi reali e nominali: stiamo gradualmente ribilanciando l’esposizione tra tassi reali e nominali, man mano che aumentano le probabilità di una recessione economica più grave;
  • In base alle aree geografiche: preferiamo l’Europa agli Stati Uniti poiché l’impatto della politica monetaria sull’economia reale è più marcato.

E per quanto riguarda gli altri asset rischiosi?

Il forte deterioramento delle condizioni finanziarie non è di buon auspicio per gli asset rischiosi, così come non lo è la crescente probabilità di un rallentamento economico più marcato. Pertanto, i cosiddetti asset rischiosi potrebbero continuare a presentare una tendenza irregolare in termini di performance.
Dovrebbe prevalere l’impiego tattico di strumenti di copertura contro il rischio di credito, di futures sugli indici Euro Stoxx o Stoxx 600 per coprire il rischio azionario, e di un’allocazione di valute difensive, quali lo yen o il dollaro USA, per coprire il calo della propensione al rischio su scala mondiale in questi tempi turbolenti.
Tuttavia, con un divario di circa 450 punti base (iTraxx Xover), i mercati del credito stanno già scontando il rischio di recessione e offrono rendimenti che si avvicinano ai livelli massimi degli ultimi dieci anni, un fattore di protezione in caso di una nuova correzione.

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