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Variazioni sul tema dell’equilibrio

Luglio 2019

  • Data di pubblicazione
  • Lunghezza
    2 minuto/i di lettura

L’indebolimento economico generale rende gli Stati Uniti e la Cina più prudenti nel loro conflitto


A metà del 2019, non c’è ancora motivo di variare l’interpretazione generale dei mercati: equilibrio delle forze tra debolezza del ciclo economico globale e sostegno delle politiche monetarie delle Banche Centrali. Nonostante notizie ricche di colpi di scena politici e geopolitici, i principali mercati azionari sono tornati ai livelli prevalenti alla fine di marzo.

In questa fase finale del ciclo economico è meglio conservare un’analisi rigorosa dei mercati, per continuare a distinguere i rumours da ciò che è essenziale.

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La routine dei colpi di scena nella soap opera dell’anno

Il dibattito tra Cina e Stati Uniti condotto alla riunione del G20 alla fine del mese di giugno si è concluso ribadendo che né la Cina né gli Stati Uniti sono particolarmente desiderosi di far precipitare il mondo direttamente negli abissi di una profonda recessione. La sfida elettorale negli Stati Uniti e l’indebolimento economico generale dovrebbero indurre la potenza cinese e quella statunitense a mantenere una certa prudenza nelle loro posizioni durante i prossimi mesi.

Nel frattempo, la crescita è in fase di stallo

Infatti il contesto economico resta complessivamente insoddisfacente, in particolare con l’attività industriale ancora in calo, anche se le attività legate ai servizi, tradizionalmente meno cicliche, sono ancora resilienti.

È ciò che sta accadendo in Cina dove gli indicatori anticipatori industriali hanno confermato la tendenza al ribasso. Per il momento Pechino non pare intenzionato a intervenire nuovamente per stimolare le proprie dinamiche. Negli Stati Uniti, il tasso di crescita degli investimenti non residenziali continua a diminuire, sicuramente penalizzato dalle incertezze legate alla guerra commerciale.

Paradossalmente questo contesto, a priori poco allettante, favorisce comunque i mercati a breve termine. Lo scenario di crescita debole ma grosso modo stabile fa sì che le Banche Centrali continuino ad adottare un tono accomodante per i mercati, ma non ancora allarmista.


A medio termine, si fa strada l’esigenza di un ricorso massiccio a contromisure finanziarie

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Verso una diminuzione del potere delle Banche Centrali

Tra le cause del rallentamento globale, sarebbe attualmente molto rischioso attribuirne le rispettive quote di responsabilità a:

  • 1/ il deliberato rallentamento avviato dalla Cina nel 2018.
  • 2/ gli effetti deleteri della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti sulle dinamiche degli investimenti.
  • 3/ l’inasprimento inopportuno, lo scorso anno, delle politiche monetarie delle Banche Centrali.

Questo mix di fattori solleva un interrogativo: il ritorno a politiche monetarie più accomodanti, ipotesi avvalorata dalla nomina di Christine Lagarde alla guida della BCE, sarà sufficiente per invertire la tendenza di tutte le cause di rallentamento economico?

A breve termine, la questione ha poca importanza: è probabile che i mercati siano soddisfatti del nuovo atteggiamento proattivo assunto dalle Banche Centrali, in un contesto economico e politico momentaneamente rassicurante.

A medio termine la sfida è cruciale: si fa strada la possibilità di ricorrere massicciamente a contromisure finanziarie. Rimane inoltre il problema delle implicazioni di tali contromisure sui mercati obbligazionari e azionari, che da dieci anni a questa parte devono confrontarsi solo con la repressione finanziaria e il rigore di bilancio.

Quale strategia di investimento in questa fase del ciclo?

Deve continuare a essere fondata su tre pilastri:

  • 1/ un portafoglio azionario core costituito prevalentemente da titoli growth, per i quali la selezione titoli risulta determinante in un segmento di mercato diventato costoso.

  • 2/ flessibilità sufficiente per sfruttare i movimenti di mercato intermedi insiti in queste fasi di transizione.

  • 3/ un posizionamento obbligazionario, che sfrutta la nuova visibilità sull’allentamento monetario delle Banche Centrali.

    Fonte: Bloomberg, 03/07/2019