5 minuti con… Jiban Nath

Jiban Nath




Che cosa ci fa un cittadino di Assam, una delle province più remote dell’India nordorientale, famosa per le piantagioni di tè e il rinoceronte unicorne, nella cosmopolita metropoli di Londra? Facciamocelo raccontare da Jiban Nath, Front Office Quant Risk Officer in Carmignac.

Ci parli della tua infanzia?

Sono nato nello Stato dello Jammu e Kashmir, nell’India settentrionale, al confine con il Pakistan. Mio padre era stato inviato in quel territorio di confine come membro in servizio dell’esercito indiano. Quando avevo solo pochi mesi, io, mia sorella e mia mamma dovemmo lasciare il Kashmir perché c’era il rischio che scoppiasse la guerra tra India e Pakistan. Da allora in poi, è stato lontano da casa per undici mesi, e tornava a casa un mese all’anno. Fino all’età di 9 anni sono cresciuto con mia mamma, nel villaggio di Dudhpatil, nell’Assam. Ho lasciato il villaggio per proseguire gli studi nella città vicina di Silchar, da mia zia, che era insegnante di scuola elementare. Mi ha instillato un forte desiderio di apprendere e il senso della competitività.

Quando eri bambino che cosa sognavi di fare da grande?

Quando si cresce in un villaggio come il mio e in quegli anni, il livello di esposizione e di conoscenza del mondo e delle sue possibilità era molto limitato per me. Fino all’età di dieci anni, l’unica cosa che sapevo era che dovevo studiare molto per poter andare via dal villaggio dove attorno a me non vedevo altro che persone lottare per il salario giornaliero e speravo di diventare insegnante in un college. Così dopo il diploma ho lasciato la città dove ero cresciuto e ho preso un treno per fare un viaggio di quaranta ore fino a Delhi, una vera avventura per me, perché era la prima volta che uscivo dalla mia città.

Com’era Delhi?

Una volta arrivato a Delhi, un alloggio per la notte costava troppo caro, per cui per alcuni mesi ho dormito nel cortile di un tempio, all’aperto, in attesa di essere ammesso all’Università di Delhi. Dopo sono riuscito ad avere un posto letto insieme ad un amico che avevo conosciuto nei giorni del tempio. Lui lavorava come impiegato, quindi alle 9 di sera era a letto, così io studiavo nella tromba delle scale illuminata fuori dall’appartamento fino a tarda notte. Dopo il primo semestre, una famiglia mi ha offerto un letto nel soggiorno e il vitto in cambio di lezioni ai due bambini per i successivi due semestri. Un baratto che mi andava benissimo.

Ormai vivi in Gran Bretagna da un po’. Ti senti un po’ british?

Sono molto fiero delle mie origini indiane, ma sono fiero anche di essere cittadino britannico. Sono convinto che più una persona è a contatto con culture diverse e più accresce la sperimentazione di conoscenze. Perché si ha l’opportunità di imparare di più non soltanto sul mondo che ci circonda ma anche su noi stessi. Ogni giorno si apprende qualcosa, Londra è una società multiculturale, e questo mi piace molto. La democrazia, il rispetto del diritto, la diversità e la libertà individuale sono i valori fondanti della società britannica e li condivido in pieno. Quindi sì, mi considero britannico, ma senza rinnegare le mie radici indiane e anzi prendendo il meglio da entrambe le culture.

Come hai scelto di specializzarti in finanza?

Dopo la laurea ho iniziato a insegnare in un college di Delhi. Dopo pochi mesi sono stato nominato docente di matematica in un’università appena fondata nella mia città natale, dove ho insegnato agli studenti di master per tre anni. Ma nella mia mente si faceva sempre più strada il desiderio di fare un PhD. Ho fatto domanda e sono stato selezionato per ottenere una borsa di studio del Commonwealth per un PhD e così sono entrato nel Kings College di Londra dove mi sono laureato nel 2001. Tutti i miei colleghi del PhD tentavano di entrare nel settore della finanza e così anche io ho deciso di candidarmi per una posizione di analista quantitativo. E così è iniziata la mia carriera nella finanza.

Come sei arrivato in Carmignac?

Mentre lavoravo come analista quantitativo, insieme ad un Portfolio Manager, in un hedge fund di Londra, un membro senior del team rischi che neanche conoscevo mi chiese di aiutarlo su un progetto. Dopo pochi mesi abbiamo entrambi lasciato l’hedge fund e proseguito su strade separate. Poco tempo dopo lui ha iniziato a lavorare per Carmignac e poichè aveva bisogno di un profilo con competenze quantitative e di programmazione da assumere all’interno del suo team, mi ha chiamato. Così ho conosciuto Maxime Carmignac e sono stato assunto subito, con mia grande soddisfazione. Guardando il mio CV, non ero esattamente in linea con la descrizione del lavoro - le mie esperienze precedenti non riguardavano la gestione del rischio ma lavoravo come ingegnere finanziario, esperto sui derivati azionari e programmatore. Penso che questa sia la bellezza di Carmignac: oltre il curriculum, guardano principalmente le tue abilità di base, il valore aggiunto che puoi apportare al team attraverso le tue esperienze professionali passate e, naturalmente, la tua capacità di adattarsi in modo efficiente al lavoro.

Cosa comporta essere un responsabile del rischio quantitativo di Front Office?

Gestire i rischi sui mercati finanziari è come gestire i rischi nella vita quotidiana. Prima di prendere la decisione di fare qualcosa, devi sempre fare un passo indietro e chiederti: vale la pena rischiare? Devi prendere in considerazione i diversi scenari, incluso il caso peggiore, la loro probabilità che si verifichino e quindi valutare se vale la pena provare. Questo è il mio lavoro: fornire ai gestori di portafoglio e agli analisti le chiavi per prendere queste decisioni.

Come puoi sfruttare questa tua capacità di adattamento nel tuo lavoro quotidiano in Carmignac?

Nel team di front office collaboro con altri team della società e anche con i gestori. Per avere qualcosa da dire bisogna essere connessi, agili e mobili. Per questo trovo il mio lavoro e la finanza in generale entusiasmanti. Mi piace essere al centro dell’azione. Questo è uno dei motivi per cui adoro stare sul campo, nel mezzo dei dibattiti e delle discussioni anche quando non sei direttamente coinvolto. È una fonte di apprendimento incredibilmente ricca.

Che cosa c’è di speciale nel lavoro di analista quantitativo del front office di Carmignac?

È pazzesco lavorare in un contesto cosi culturalmente variegato! Lavoro con colleghi di tante nazionalità e background diversi con un’esperienza professionale elevata , inglesi, francesi, americani, spagnoli, tedeschi, svedesi, turchi…. Non penso di avere mai visto un posto così diversificato e vario come Carmignac, caratterizzato da un alto livello di collaborazione. È un’esperienza molto positiva e stimolante. La diversa natura delle persone coniugata allo spirito di tolleranza dà vita a un dibattito vivace e arricchente. Sono convinto che la diversità crea l’eccellenza.

A proposito di eccellenza, qual è la tua definizione di questa nozione?

In Carmignac abbiamo la responsabilità di gestire in maniera efficace gli asset dei clienti. Eccellenza significa realizzare questo mandato sfruttando al meglio le nostre abilità collettive, per assicurare la soddisfazione dei clienti. Mi chiedo sempre: sto facendo del mio meglio? Il mio meglio è utile e adeguato? Possiamo migliorare noi stessi solo se manteniamo sempre uno sguardo realistico sul nostro operato.

Hai un motto?

“Vivi e lascia vivere”. Tutti sognano di avere una vita di successo e felice, ma dobbiamo essere tolleranti verso le differenze, adattarci e lasciar vivere.

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