Carmignac

5 minuti con Haiyan Li

Gestore e Analista Cina di Carmignac

Haiyan Li-Labbé


Con l’apertura economica della Cina, la provincia dello Zhejiang è diventata una delle regioni più ricche e sviluppate della Cina continentale, ma quando Haiyan era bambina era ancora una regione povera e rurale. Dal suo paese natale alle trading room, il suo percorso è stato contrassegnato dall’apprendimento delle lingue, molto lavoro e un pizzico di destino. Haiyan ha già vissuto più di una vita, come lei stessa ama dire. Parliamo con lei delle tappe più importanti della sua vita.

Quali ricordi serbi della tua infanzia?

Una strada lunga, disseminata di svolte e curve a 180 gradi, l’apprendimento delle lingue straniere e … il caso. Sono cresciuta in campagna, nella provincia dello Zhejiang, con una madre contadina e un padre militare che per vent’anni ha servito nella Cina del nord. Mi piaceva andare a scuola, fare sport, amavo le lezioni di calligrafia, partecipavo al giornalino della scuola e aiutavo mia mamma a coltivare i nostri campi di riso. Un giorno ho capito che il destino della mia famiglia era sulle mie spalle e mi sono impegnata ancora di più negli studi. Mi sono classificata tra i primi cento studenti della mia provincia, sono stata la prima del mio liceo a essere ammessa all’università di lingue straniere di Pechino, che forma diplomatici e traduttori. È stata la mia prima svolta nella vita e la prima esperienza fuori casa. Prima dei 18 anni non avevo mai visto un occidentale in vita mia! Il destino ha voluto che non venissi presa nel corso di inglese, che era stata la mia prima scelta, e così ho cominciato a studiare il francese.

Un giorno ho capito che il destino della mia famiglia era sulle mie spalle


Come sei arrivata in Carmignac?

Pochi mesi prima della laurea, dopo quattro anni passati a Pechino, mi sono resa conto che quella strada non mi interessava. Non volevo accontentarmi di rappresentare un pensiero o di tradurlo, volevo riflettere con le mie parole. Mi sono informata all’ambasciata di Francia, ho sostenuto un concorso e sono stata ammessa all’Ecole Supérieure de Commerce de Paris (l’ESCP). Ho scelto di specializzarmi in finanza di mercato, la materia che mi sembrava più rigorosa ma anche più universale in termini di codici e standard culturali. Ho lavorato nella trading room di Société Générale, dove per circa quattro anni ho sviluppato la ricerca sulle obbligazioni convertibili asiatiche. Poi per altri quattro anni ho lavorato in ADI alternative Investment, un hedge fund dove ho costruito e sviluppato il polo Asia. Nel 2008, dopo la crisi finanziaria, ADI è stata acquisita da OFI AM, dove ho lavorato due anni prima di essere chiamata da Edouard Carmignac come analista specialista della Cina.

Puoi raccontarci i tuoi esordi in Carmignac?

Mio marito, che ho conosciuto in Francia, voleva diventare docente di medicina e per questo doveva trascorrere un anno all’estero. Quindi, un anno dopo essere stata assunta in Carmignac, siamo partiti per Pechino con le nostre due figlie. Edouard Carmignac ha capito benissimo il nostro progetto famigliare e mi ha proposto di continuare a lavorare per l’azienda a distanza. Tornavo a Parigi ogni mese e quando siamo rientrati in Francia definitivamente, Edouard Carmignac mi ha detto: “Ah, di già? E chi ci darà le informazioni locali adesso?”

Come vivi la tua doppia cultura?

Sono un ponte tra due mondi. Da un lato quello delle mie origini, un’infanzia modesta nella campagna cinese e ricca di valori. Sono stata la prima della mia famiglia a completare gli studi, mio padre non ha avuto la possibilità di andare a scuola e mia madre ha fatto solo le elementari. A volte è complicato far capire ai miei genitori che cosa faccio e come vivo oggi. Dall’altro lato, sono una mamma e una donna parigina con una vita attiva. Le mie figlie sono cresciute aprendosi al mondo sin da piccole, ma per loro è impossibile immaginare la mia infanzia perché la Cina di oggi si è molto modernizzata nel frattempo.

Questa doppia cultura come si riflette nella tua personalità?

Contrariamente a molti europei per i quali la nozione di appartenenza a una classe sociale è molto importante, io mi sento libera dalle barriere sociali e dalle convenzioni. Le esperienze vissute mi permettono forse di avere una maggiore libertà nel capire le cose e le persone. Sono per natura attirata da persone con percorsi atipici, diversi e che, partendo da zero, hanno saputo costruire cose incredibili. Io sono contemporaneamente cinese, francese e anche svizzera per via di mio marito. Se avessi imparato il tedesco la mia vita sarebbe stata sicuramente diversa!

E nella tua vita professionale?

Ho mantenuto rapporti stretti con i membri della mia famiglia e con i miei compagni di scuola. Oggi li ritrovo in tanti settori e ambienti sociali diversi. I miei legami con la Cina moderna e la Cina rurale oggi mi permettono di fornire in maniera affidabile informazioni rapide e di prima mano sul mercato cinese, senza barriere linguistiche o culturali. Queste esperienze mi hanno reso pugnace e non ho paura di dire le cose come stanno. Curiosamente questo va contro la cultura cinese perché i cinesi hanno sempre tendenza a dire sì! Questo lato del mio carattere mi è utile anche nel lavoro in Carmignac, la cui cultura dell’eccellenza mi ha fatto crescere molto, soprattutto grazie al contatto con colleghi che provengono da orizzonti molto variegati. In Carmignac si lavora in maniera estremamente rigorosa, bisogna rimettersi costantemente in questione. Sono convinta che il mio percorso mi ha dato la forza e la perseveranza necessarie.

Qual è la tua visione di diversità?

La diversità può assumere diverse forme: diversità di conoscenze, culture, lingue... Permette di confrontare modi di ragionare diversi, di arricchirsi reciprocamente e di favorire la comprensione e la tolleranza. È importante saperne trarre vantaggio, non inserire le persone dentro perimetri ristretti e approfittare al massimo di questa ricchezza. Non lo vedo come un fine in sé, ma come una formidabile opportunità di apprendimento.

Cosa vorresti fare nella tua prossima vita?

Mi piace molto quello che faccio. Sono curiosa e mi interesso molto alle cose e se dovessi lasciare la finanza potrei dedicarmi all’insegnamento del cinese, o, in ambito culturale, alla promozione di artisti cinesi. Come tante persone, anche io sogno un giorno di scrivere, per esempio un libro che ripercorra il destino di quattro generazioni di donne, da mia nonna materna alle mie figlie.

Come definiresti l’eccellenza?

Eccellenza non significa necessariamente ottenere i voti migliori in tutto, significa essere unici. Unici nell’approccio, nel modo di essere, con il proprio tocco personale. Essere eccellenti è innanzitutto non essere banali.

Il tuo motto?

“Niente è impossibile!”

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