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50 sfumature di nero.

Gennaio 2019

  • Autore/i
    Didier Saint-Georges
  • Data di pubblicazione
  • Lunghezza
    2 minuto/i di lettura

La nostra interpretazione dei mercati per il 2019 è invariata: « il modello di collisione (tra i tre cicli economico, monetario e politico) non decadrà con il cambiamento dell’anno solare ». Giustificava di conseguenza il mantenimento di « una sostanziale forte prudenza », prevedendo al contempo la comparsa di diversi effetti di ritorno « da non lasciarsi sfuggire ».

Infatti i mercati sono abituati a registrare forti oscillazioni in base alle tendenze passando, con stati d’animo spesso influenzati da comportamenti gregari, dall’esitazione all’esagerazione o dal rifiuto alla speranza. Tali movimenti intermedi possono anche risultare abbastanza importanti da essere colti da una gestione attiva, a patto che non si perda di vista l’obiettivo.

Il rallentamento economico globale si è sincronizzato e ha trovato conferma

Proprio all’inizio dell’anno, anche gli economisti più ottimisti devono finalmente riconoscere che il fenomeno del rallentamento congiunturale è qualcosa di generalizzato: gli indicatori anticipatori registrano un rallentamento, che interessa tutte le principale aree geografiche a livello mondiale.

Le politiche di stimoli disponibili sono molto limitate

In Europa è difficile che nel beve termine la Banca Centrale Europea possa intervenire in soccorso della crescita, proprio nel momento in cui ha appena portato a termine il piano di acquisto titoli. Per quanto riguarda il gettito fiscale, non sono ovviamente gli scostamenti più o meno significativi, ormai già previsti in Italia e in Francia, che ne aumenteranno il volume. Anche in Cina i margini di manovra del governo sono ridotti. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la fine dello “shutdown” è ancora in fase di stallo. L’unica speranza resta quindi quella dell’allentamento della politica monetaria della Fed.

La Fed può tornare a stimolare i mercati?

In un’intervista del 4 gennaio il Presidente della Fed, Jay Powell, ha rilasciato dichiarazioni a sorpresa. Invece di presentare la riduzione continua delle emissioni di liquidità come un processo ben avviato e non negoziabile, si è dimostrato disponibile a variarne il ritmo. Più in generale ha fatto riferimento all’impatto dei rischi di mercato sulla correttezza della propria analisi della politica monetaria. Se un ritorno alla “flessibilità” da parte della Fed dovesse combinarsi con progressi nelle trattative commerciali tra la Cina e gli Stati Uniti, il forte calo registrato dai mercati azionari alla fine dell’anno potrebbe consentire un rimbalzo di una certa portata.

Si deve pertanto prevedere un’inversione di tendenza duratura dei mercati?

Innanzitutto Jay Powell ha fatto riferimento all’eventualità di dimostrare flessibilità, ma non si è impegnato in tal senso. Inoltre non è sembrato affatto convinto del fatto che la politica perseguita dalla Fed avesse contribuito all’instabilità dei mercati. In secondo luogo, negli Stati Uniti gli indicatori economici sono i primi a essere influenzati dall’orientamento dei mercati. Infine nel quadro di controllo della Fed si continua a registrare una situazione di piena occupazione negli Stati Uniti e un tasso d’inflazione del 2%, in linea con gli obiettivi dello statuto, che al momento non giustificano alcuna “resa” della politica monetaria.

Per concludere, le problematiche sostanziali non sono risolte

Il 2019 inizia con l’eventuale proseguimento della revisione al ribasso dei risultati stimati per le imprese, in Europa così come negli Stati Uniti. Infatti, l’aumento graduale dei salari sta iniziando a erodere i margini delle imprese, e ciò lascia presagire prospettive deludenti in termini di risultati nel contesto di rallentamento economico di cui abbiamo parlato. Allo stesso tempo, la Federal Reserve statunitense non si trova ancora in condizioni di dover rinunciare al proprio obiettivo di normalizzazione monetaria, e al momento attuale la BCE è ampiamente a corto di contromisure. Una svolta monetaria potrebbe registrarsi nel corso dell’anno, ma saranno necessarie maggiori pressioni da parte dei mercati o dell’economia reale.

Nelle prossime settimane, esiste la possibilità di un rimbalzo “tecnico”, che in base alle circostanze politiche potrebbe anche assumere una portata degna di nota. I titoli ciclici di qualità, che talvolta negli ultimi mesi hanno registrato crolli delle quotazioni azionarie, sono sicuramente meglio esposti a questi effetti di ritorno. Tuttavia, se confermato, il rimbalzo che i mercati stanno avviando dovrebbe essere solo temporaneo, e non si tratta ancora dell’inversione di tendenza iniziata quasi un anno fa. Potrà essere necessario saper approfittare di questo movimento improvviso per prendere profitti.

Fonte: Bloomberg, 31/12/2018